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MAL(e) D'AFRICA
Capitolo 16 - Sauro Messieri



Il sedicesimo capitolo è breve. Serve ad introdurre nella storia della famiglia Piavotto il personaggio Sauro Messieri. Siamo nel 1943 quando Gigliola Trioglio, figlia di Verin Piavotto, durante la festa di compleanno di Elisa, annuncia alla nonna e alle zie di essersi fidanzata con Sauro.
Lo aveva conosciuto nel 1941 a Cuneo, quando appena diplomata al Liceo Artistico, aveva ottenuto la nomina per l'insegnamento in alcune scuole di Alba. Dovendosi recare più volte a Cuneo per recarsi al Provedittorato agli Studi, non conoscendo la città, si era rivolta ad un lontano suo cugino di Alba che lì si trovava come Ufficiale presso la Divisione di Fanteria "Livorno". Costui le aveva presentato un suo caro amico e collega Ufficiale bolognese, amante della Filosofia e della Teologia.
Tra loro nacque subito un'intesa profonda, sostenuta principalmente dalla passione dell'uno per la Filosofia e dell'altra per l'Arte.


dal Capitolo 16


Questo ragazzo bolognese, ufficiale, si ritrovò a Cuneo, in attesa di eventi, e lì rimase per quasi due anni… conobbe e strinse amicizia con un collega di Alba, lontano cugino di Gigliola Trioglio… Gigliola Trioglio, neodiplomata ed incaricata di fare scuola ad Alba, dovette recarsi più volte a Cuneo per andare al Provveditorato agli Studi… a Cuneo lei non conosceva nessuno, ma sapeva di questo suo lontano cugino che lì si trovava in servizio… lo cercò e gli chiese un incontro… lui accettò, ma disse all’amico Sauro:

«Vieni con me, che debbo incontrar mia cugina… è giovane, te la presento, così la conosci!»


Lui amava la filosofia, lei amava l’arte… lui con lei parlava di filosofia e lei con lui parlava di arte… due discipline diverse, ma con un denominatore comune, il pensiero!
Forse fu proprio quello, il pensiero profondo, così staccato dal materiale, dal concreto, dal quotidiano, quel quotidiano che era fatto di guerra, di bombe, di farina, di pane, di danaro, di ricchezze, di banane, di registri, di carte bollate, di cambiali… fu proprio il pensiero profondo, che Sauro riusciva a trasmettere a chiunque lo ascoltasse parlare, che affascinò così tanto Gigliola!
Sauro non era nessuno, ma a Gigliola piacque, perché lui sapeva pensare e quindi sapeva ragionare e trovare per ogni atto o gesto umano una spiegazione morale, o etica, o religiosa, se non addirittura teologica.




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Capitolo 17 - Il primo dopoguerra



Il 25 Aprile 1945 viene firmato il Trattato di Pace e finisce la guerra.
Sauro Messieri finalmente smette gli abiti militari e può trascorrere quindici giorni a Piobesi d'Alba, ospite della famiglia della sua fidanzata Gigliola Trioglio. Si prospetta la possibilità del loro Matrimonio.
A Racconigi si ricomincia a fare la bella vita ed Elisa riesce a vendere bene l'appartamento a Torino, che aveva ereditato dal fratello Amelio.
Il commendator Pittarello, finita l'era fascista, deve abbandonare la direzione della società Sapa, che si occupa della vendita delle banane somale al Governo Italiano, e al suo posto viene eletto Presidente il marito di sua nipote, Antonio Piavotto. 
Pittarello a Torino riesce comunque a fare nuovi affari, vendendo motociclette americane. 


dal Capitolo 17


Tutti in Italia sembrarono impazziti di gioia, per la fine della guerra e per la fine della dittatura fascista.

A Piovesi d’Alba si festeggiò anche in casa Trioglio, ma ancora non si sapeva che in quelle terre, come in altre parti d’Italia, il sangue avrebbe ancora continuato a scorrere con le lotte partigiane e l’uccisione di tante persone e di tanti giovani ragazzi, solo perché erano stati fascisti o comunisti.
Sauro, che finalmente dopo sette anni smise gli abiti militari, arrivò da Bologna e si fermò in casa di Nadu quasi quindici giorni.
Gigliola fu raggiante di gioia per aver finalmente tutto per sé il fidanzato. In quelle due settimane si potè anche parlare del loro Matrimonio e Nadu e Verin acconsentirono, si stabilì che le nozze avrebbe potuto celebrarsi l’anno seguente, se Sauro a Bologna avesse trovato un lavoro.


A Racconigi in casa Piavotto, finita la guerra, si riprese a vivere in maniera signorile e dispendiosa. Mamma Vittorina veniva riverita e servita come una regina, non le si faceva mancare niente e tutto ciò che lei desiderava, Lucia ed Elisa andavano a procurarglielo.
Loro, le figlie, cercavano di accontentarla in tutto, purché lei non infilasse troppo il naso nei loro conti e nei loro affari.


Con alcune di loro, tutte più anziane di lei, si instaurarono rapporti più stretti e così capitava che a Racconigi si offrissero ogni tanto dei tè. Venivano presentate mamma Vittorina, sempre tutta elegante e con orecchini ed anello preziosi, e la sorella Elisa, che certo ci sapeva fare in quelle occasioni!
Una volta una delle vecchie dame chiese a Lucia, con molta naturalezza, se la famiglia avesse origini di sangue blu. Con molta prontezza rispose Elisa, prima che rispondesse Lucia, e disse a tutte quelle vecchie signore: «Sì, abbiamo fatto fare una ricerca ed abbiamo saputo che i nostri avi erano marchesi…»
C’è un detto popolare che dice: “Piemontesi, falsi e cortesi”, ebbene Elisa, per quanto fosse sempre cortese, tanto era falsa. Per lei dire cose non vere, purché ne avesse un tornaconto, era diventata un’abitudine.
Solo Gigliola, per ora, era l’unica che l’aveva capito e non ne aveva dubbi!


Pittarello fece verbalizzare le oltre novanta deleghe che aveva ottenuto dai soci di Genale ed aprì l’assemblea, con la proposta di nominare presidente il marito di sua nipote, Antonio Piavotto.
Non fu neppure necessario votare, perché la maggioranza assoluta, quasi totale, dei consensi era già nelle sue mani.
Si stabilì subito dopo che il neo-presidente avrebbe dovuto ricontattare il Governo di Roma, per prendere nuovi accordi sull’importazione delle banane, che continuavano ad essere un monopolio dello Stato.
Conclusa l’assemblea di Torino, praticamente Pittarello uscì di scena dagli avvenimenti che riguardavano la Somalia e la produzione delle banane. Ora era Tonio Piavotto l’uomo forte che aveva preso il suo posto.



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Capitolo 18 - Le nozze di Gigliola
e la partenza di Vico



Il capitolo 18 di "Mal(e) d'Africa" è suddiviso in due parti: nella prima si racconta del Matrimonio di Gigliola Trioglio con Sauro Messieri, avvenuto nel 1946, nella seconda parte invece si racconta del viaggio in Somalia di Elisa Piavotto nel 1949 e della partenza nel 1950 di Vico Trioglio, che raggiunge lo zio Tonio in Africa, per lavorare in azienda con lui.
Suggestivo il racconto del Matrimonio di Gigliola. Il Lettore deve memorizzare due episodi avvenuti quel giorno, ovvero la decorazione dell'altare in Chiesa e della tavola in casa per il pranzo di nozze, con centinaia di fiordalisi azzurri e l'emozionante sorpresa fatta alla sposa dal sacerdote, che per lei intona dall'altare l' Ave Maria di Schubert. Questi episodi verranno ripresi con delicata malinconia e un forte romanticismo nel capitolo 45, l'ultimo del romanzo, durante la celebrazione del funerale di Gigliola, avvenuto nel 2010.
Elisa Piavotto nel '49 decide di recarsi in Somalia per rendersi conto del lavoro che il fratello Tonio svolge in azienda da oltre vent'anni. Con lui si decide che il nipote Vico, unico maschio rimasto nella famiglia, potrebbe trasferirsi pure lui in Somalia, per lavorare assieme allo zio.
Al suo ritorno Elisa cerca di convincere Vico a prendere questa difficile decisione, che comporta l'abbandono del lavoro di agricoltore a fianco del padre Nadu in Piemonte. Vico decide di partire e nel 1950 si imbarca a Genova, con destinazione Mogadiscio, lasciando nello sconforto i genitori.
Pure la fidanzata Elena si rifiuta di sposarlo e di partire con lui per l'Africa e rompe il fidanzamento. 


dal Capitolo 18


D’altronde si trattava della prima nipote che si sposava e quindi quello era un Matrimonio importante anche nella famiglia Piavotto e poi, anche se Gigliola amava le cose semplici, sarebbero stati invitati alcuni di Torino, nella cerchia degli amici di Elisa, e quindi si doveva fare bella figura e quello avrebbe dovuto essere un Matrimonio di classe.

Per questo Elisa si convinse che avrebbe dovuto dare una mano nei preparativi, per poter curare alcuni particolari, che lei decise sarebbero stati raffinati ed eleganti.


La cerimonia in chiesa finì con un’emozionante sorpresa per Gigliola. Lei desiderò molto che durante la Messa il coro dei cantori di Piobesi avesse intonato alcuni brani di musica sacra, ma papà Nadu glielo impedì, asserendo che i matrimoni con la Messa cantata li facevano i signori e loro, che erano semplici e di campagna, dovevano celebrarlo con semplicità ed umiltà. Allora Gigliola chiese al padre di concedere che almeno il tenore del coro, durante la Messa, avesse potuto cantare l’Ave Maria, che a lei tanto piaceva, ma anche questa richiesta le fu negata… ma dall’altare a sorpresa, finita la Messa e prima di dire “Ite, Missa est”, il parroco, che aveva una voce tenorile e molto intonata, cantò appositamente per lei l’Ave Maria di Schubert in latino.


Elisa prese la decisione soprattutto per l’insistenza di Tonio, che voleva che lei si rendesse conto di che cosa erano in realtà le aziende in Somalia e quale fosse il lavoro che lui là svolgeva.
Ma anche Elisa aveva una grande voglia di fare quel viaggio.
Da quando era bambina la Somalia e l’Africa, con il suo paesaggio, con il suo clima, con i suoi animali e con… le sue banane erano presenti ogni giorno nella sua famiglia ed ora il desiderio di conoscere e la curiosità di vedere, era davvero diventata tanta!
Arrivò a Mogadiscio una mattina di luglio e trovò Tonio ad attenderla al porto. Con lui c’era Vera, che s’era fatta una bambina davvero stupenda!


«L’unico maschio che è rimasto in famiglia è nostro nipote – asserì Elisa – è un ragazzo che sotto molti aspetti mi ricorda il nostro Ceti… perché non pensare a lui? In fondo Vico è il figlio di nostra sorella e penso che di lui ci potremmo fidare!»
L’idea di proporre al nipote Lodovico di venire pure lui a lavorare in Somalia, a Tonio non era mai ancora venuta, forse per quell’astio che Tonio un po’ aveva nei confronti di sua sorella Verin e di suo cognato Nadu.
Ma ora che Elisa glielo aveva prospettato, Tonio incominciò a ragionarci sopra ed a considerare la cosa fattibile, però sarebbe stato necessario ammaliarsi Vico e convincerlo a stare dalla sua parte, a fare più gli interessi dello zio, piuttosto che quelli dei genitori e… perché no? prospettargli anche interessi personali, con utili ed eventuali partecipazioni interessanti per lui.


Vico fu anche sorpreso che Elisa gli facesse questa proposta, perché sapeva benissimo che a casa mamma Verin continuava ad essere convinta che se nel 1926 lei e papà non avessero finanziato quel progetto in Africa, sarebbe stato molto meglio per tutta la famiglia Piavotto.
Vico tenne per sé questa cosa, che Elisa gli aveva comunicato, per parecchi giorni, e le notti non riuscì più a prendere sonno, perché i pensieri lo tormentavano. Lui aveva a Piobesi una mezza fidanzata, nel senso che, sì, stavano assieme, ma ancora tra loro mai si era presa in considerazione la possibilità di un’eventuale Matrimonio. Ora la prima persona con cui parlare della possibilità di andare a vivere in Somalia non era altro che lei.


A casa babbo Nadu e mamma Verin si opposero molto a questa sua eventuale emigrazione in Somalia, convinti che Tonio lo volesse con sé solo per avere una persona sempre pronta a correre ed obbedire e che non gli avrebbe mai detto di no, che non si sarebbe mai ribellata, perché suo nipote.



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Capitolo 19 - I primi anni di Vico in Somalia



Nel 1950 Vico arriva in Somalia ed incomincia a lavorare nelle aziende dello zio Tonio. Dopo i primi giorni di forte sconcerto, per l'impatto con un mondo tanto diverso da quello lasciato in Piemonte, Vico si ambienta ed impara il lavoro che zio gli assegna. Dopo il primo anno zio Tonio gli manifesta il suo apprezzamento per l'impegno che Vico dimostra e gli promette utili e guadagni.
Nel 1953 Vico rientra per la sua prima vacanza in Italia e con i pochi utili che lo zio gli ha versato su un conto bancario a Torino, riesce a comperarsi una piccola auto usata e a consegnare a papà Nadu una modesta cifra. Nadu apprezza il gesto del figlio ed è contento che lui si stia costruendo il suo futuro in Africa, anche se alla cascina manca molto il suo aiuto.  




dal Capitolo 19


Il giorno seguente Tonio portò Vico nell’azienda eredi Piavotto Amelio, la prima arrivando da Genale, e gli mostrò la sua casa, dove Vico avrebbe vissuto insieme a Castelli, uno degli impiegati. Era la casa di legno dove vent’anni prima avevano abitato Tonio e Amelio, e pure Ceti per un anno.

Per due settimane, ogni mattina, Tonio con la sua macchina andava a prendere Vico e se lo portava con sé, per tutta la giornata fino al tramonto, per fargli vedere il lavoro, le piantagioni di banane, il raccolto, la lavorazione al centro vicino a casa Pittarello, i bacini pieni di acqua del fiume. 


...era un serpente che chiamano sputacchiero, piuttosto lungo… chiamai l’amico Castelli e con dei bastoni l’abbiamo finito… qui scimmioni, cinghiali e iene in cortile sono come a casa da noi le galline… quando giri in azienda ti saltano attorno ad un metro di distanza e ti fanno venire la pelle d’oca, comunque sto incominciando a farci l’abitudine… se non ci fosse tutto questo non sarebbe Africa!
Ho già imparato a condurre il camion, e così la sera, dopo avere mangiato cena, faccio una scappata a casa degli zii Tonio e Mariella ed in questo modo passo un’ora felice.
Qui in casa non si sta male… è una bianca casetta coloniale, ben riparata dal sole da piante di cocco, datteri e papaie… le comodità non mancano, c’è il bagno, la doccia, il frigidaire… e per il servizio c’è il boy e la “boiessa”… fanno da mangiare abbastanza bene, ma certo non sono le nostre pietanze, loro usano metodi piuttosto indigeni… io vivo quasi esclusivamente di banane, che sono davvero squisite, non c’è paragone con quelle in Italia!...


E Tonio aggiunse: «Ti prometto che se mi farai banane perfette, come tu dici, e se il Governo me le pagherà di più, tu avrai una piccola percentuale di guadagno su tutta la produzione, che ne dici?»
«Dico che sarebbe bellissimo! Io decisi di venire in Africa, non pensare soltanto per farti un piacere, ma per trovare il modo di migliorare la mia situazione… mio padre tra venti, trent’anni, mi avrebbe lasciato la sua campagna, ma io tra venti o trent’anni vorrei avere qualcosa di più… e tu, zio, mi insegni che questo è possibile, basta volerlo… no?»
«Bravo Vico! Hai davvero intuito quello che volevo farti capire! Volere è potere… e se tu lo vuoi, un giorno anche tu potrai essere ricco!»


Nadu si emozionò tantissimo per il gesto del suo figliuolo e poi si fece raccontare tutto quello che in tre anni aveva fatto laggiù, e ne fu orgoglioso. Malgrado a Piobesi mancasse il suo aiuto, comprese che solo in quel modo Vico avrebbe potuto costruirsi un futuro migliore.
Si fece una grande festa la sera per lui. Mamma Verin, che sapeva cucinare molto bene, preparò gli agnolotti ed una grande teglia di pesche ripiene al forno.




MAL(e) D'AFRICA
Capitolo 20 - La seconda figlia di Tonio... 
e tutto il resto!




Nel 1951, dopo un anno che Vico lavora in Somalia, lo zio Tonio decide di dedicarsi più alla società Sapa, di cui è presidente, per meglio seguire il lavoro in Italia della vendita delle banane. Del resto confida nel valido aiuto che il nipote Vico sta dandogli, nel seguire la parte tecnica dell'azienda. Decide quindi che da ora in poi dovrà rimanere in Italia almeno sei mesi l'anno. Quando ne parla con la moglie Mariella, lei appare soddisfatta, anche perchè la figlia Vera ha terminato le scuole elementari ed ora dovrà proseguire gli studi a Torino. Ma nella stessa occasione Mariella comunica al marito Tonio di essere in attesa di un figlio. Tonio in un primo momento è incredulo, ma felice, poi sapendo che la moglie è al secondo mese di gravidanza, si stupisce in quanto lui per tre mesi era rimasto in Italia. Messa alle strette Mariella confessa al marito che il figlio che attende non è suo. Tonio reagisce molto male e decide di separarsi dalla moglie, pur accettando di riconoscere il figlio in arrivo. A novembre del 1951 Tonio, Mariella e Vera fanno rientro in Italia. Tonio lascia il suo appartamento alla moglie e in cambio si fa dare la villetta di San Remo, che Mariella aveva ereditato dal padre. Acquista poi un grande appartamento alla Crocetta, il quartiere più residenziale di Torino e si trasferisce lì da solo. A maggio del 1952 nasce una seconda bambina, a cui viene dato il nome di Manuela.
Tonio si confida con Pittarello, zio di Mariella, e da lui riceve comprensione. Pittarello si raccomanda a Tonio di stare molto vicino alla figlia Vera, ormai adolescente.  




dal Capitolo 20


Ora Tonio si sentiva un uomo di potere, nel senso che era solo lui che era in grado in Italia di prendere le decisioni su come vendere le banane al Governo italiano e decidere a quali condizioni. Per poter gestire questo potere Tonio dovette rivedere la sua permanenza in Somalia e prendere la decisione di soggiornavi non più di sei mesi all’anno. Gli altri sei mesi avrebbe dovuto dividerseli tra Torino e Roma, tra Genova e Napoli.



«Qui in azienda c’è Vico che sta dimostrando buone capacità… se continua ad impegnarsi, come sta facendo, potrà sostituirmi senza grossi problemi, e poi ci sono i due impiegati che lo aiutano e sono bravi, devo ammetterlo! Noi, Mariella, con la bambina andremo in Italia… io ho bisogno di rimanere in Italia almeno sei mesi all’anno… tu, se vorrai, potrai restare anche definitivamente, tanto più che Vera dovrà frequentare il ginnasio… semmai mi organizzerò per essere qui nei mesi estivi, così nei mesi che non c’è scuola potrete venire giù in vacanza…»
«Sì, Tonio… per Vera non vi è altra soluzione che questa – disse Mariella – quest’anno conclude le scuole elementari qui a Merka ed il prossimo anno non può che andare a Torino ed io dovrò per forza essere là».


Tonio tornò fuori, senza prendere il Porto, ne la ciambella: «Ma sei sicura che sei di due mesi?»
«Sì, Tonio, ne sono sicura, sicurissima… so dirti anche il giorno esatto che l’ho concepito». 
«E dimmelo, vediamo».
«È stato il 12 di agosto… tu non c’eri… questo non è tuo figlio!»
«Ah, sì? Ma che bella notizia!» e le mollò un ceffone sul viso.
«E di chi è figlio? Dello Spirito Santo?»
«È figlio di Bernardoni…»
«Altra bella notizia! Ma quante belle notizie stasera!» e le mollò un secondo ceffone sul viso.
«È da quando ti ho sposata, che sapevo che avevo sposato una poco di buono… sono sicurissimo che tu mi hai sempre tradito, fin dal primo giorno… sgualdrina! Dimmi, dimmi da quanti uomini ti sei fatta fottere… dimmi i nomi di tutti… te li sei fatti tutti gli impiegati? Non mi stupirei se fossi andata a letto anche con Vico! Ed i neri, quelli te li sei fatti?».


Tonio, per sistemare la moglie e la figlia Vera, e poi presto anche il nuovo bambino in arrivo, decise di dare alla moglie Mariella l’appartamento in cui ora stavano a Torino ed in cambio farsi cedere da lei la sua casa di San Remo. Andarono dal notaio e firmarono i contratti di cessione e di scambio delle due proprietà.
Dopo un mese Tonio ebbe poi l’occasione di acquistare bene un bell’alloggio in zona Crocetta, un quartiere molto residenziale di Torino. Lo fece arredare e subito dopo lui si trasferì lì da solo.


A lui Tonio disse tutta la verità, compreso che Manuela in realtà non era sua figlia. Pittarello fu molto amareggiato per tutto quanto, ed il suo dispiacere non fu tanto per Mariella, ma proprio per Tonio.
«Tonio – gli disse – ricordo ancora, come fosse ieri, il giorno che io feci la tua conoscenza ventisei anni fa, in villa… c’era anche tuo fratello, il caro ed indimenticabile mio amico Amelio… eravate molto giovani, ma ebbi di voi un’ottima impressione… poi imparai a conoscerti meglio e da allora ho sempre avuto stima e simpatia nei tuoi confronti, e quando quasi ci imparentammo, quando tu e Mariella vi sposaste, ne fui veramente felice! Ti donai le mie proprietà che avevo in Somalia proprio per questo motivo… non perdonerò mai Mariella, per come si è comportata con te… e non solo adesso, ma da sempre… quello che Mariella ha fatto mi ferisce tantissimo perché tu sai che lei è sempre stata come una figlia per me, ma non pensavo che da adulta sarebbe diventata così… poco seria! E dire che già diversi anni fa l’avevo supplicata di non fare scandali e di non separarsi da te!»

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