LA TRAMA DEL ROMANZO




I fratelli Piavotto nel 1926 partono da Racconigi per l’Africa e vanno a fare i coloni in Somalia. 
Prima la crisi del 1929 e poi il dramma di Ceti, dopo finalmente i guadagni. 
Producendo e commerciando banane tra il ’40 e il ’65 qualcuno di quella famiglia si arricchisce e diventa “miliardario” mentre altri in Italia si ritrovano in un mare di guai economici. 
Per aiutarli i fratelli ricchi non fanno nulla, neppure quando nei momenti più drammatici loro li supplicano di farlo. 
Tutte quelle ricchezze alla fine del secolo rimangono all’ultima della famiglia Piavotto, la più giovane di sette fratelli, senza figli, che vive a Torino nel lusso. 
Lei decide di lasciare tutto alla nipote “povera”, ma dopo la sua morte viene registrato un testamento che destina tutto quanto al marito. 
Quel testamento risulterà falso, ma per annullarlo il Tribunale impiegherà dieci anni stabilendo alla fine che l’eredità spetti solo ai nipoti legittimi. Però tutto sarà scomparso. 
Gli eredi si ritrovano con in mano solo un "pugno di mosche". Qualcuno ancora una volta è riuscito ad impossessarsi di quell'immenso capitale e a farlo sparire! Chi potrà essere stato?

Il racconto ti tutto quanto è accaduto in quasi ottant’anni è pieno di episodi allegri, drammatici, tristi, dolorosi e a volte estremamente mondani. Lutti, malattie, tradimenti coniugali, divorzi, tentativi di suicidio, e forse un rapporto quasi incestuoso tra un padre e sua figlia adottiva. 

Nel finale il racconto si tinge quasi di “giallo”: chi ha fatto il “colpo” da 20miliardi di Lire?

La nipote Gigliola, la vera protagonista del Romanzo, muore nel 2010, senza la soddisfazione di aver visto restituito il prestito che nel lontano 1926 suo padre aveva fatto ai cognati. Tuttavia la sua vita si conclude con grande dignità, malgrado la tanta miseria sofferta e i sacrifici spesi per mantenere la famiglia e crescere bene i suoi figli.

Una bella immagine di donna, di figlia, di moglie e di madre!

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